Sarajevo
Forse che, qualcuno pensasse
è già iniziata, la caccia quest’anno?
Solo che a volare, come starne nel bosco,
era un corpo aperto, nell’attimo esatto
in cui l’anima fluì.
Forse che i Campanili, le Moschee, le Chiese Ortodosse
sapevano? Pregavano?
Qualcuno attizzava la fiamma, sosteneva l’onda,
sempre “Il Dio è con noi” degli omicidi in guerra.
Qualcuno, come il sarto del paese, ricordava il suo
preciso nemico da cercare, il vicino di casa, liquori
bevuti insieme, ora gole aperte che esce, il veleno.
Dalle fontane acqua che gorgoglia,
le ultime paure e la sete
nelle gole di vetro.
L’ombra del ponte
solo è rimasta.
Io penso al suonatore di Violoncello
disperato, senza musica, senza pace
che offrì il fianco
che cercò memoria
Suonò solo il legno
mettendosi in croce.
Non è, Mostar
Non è, camminare , e guardarsi indietro.
Non rimpianto, nostalgia, affanno.
Questo scoprirsi di gole seccate
di polvere di vetro, di guerre di lontananze.
Come se mi avessero messo a guardia
di una vecchia sedia impagliata
ne attendo il restauro, per testimoniare
un tempo di diversa consistenza
dove mani legno passione
facevano sostare
un peso
nella bellezza.
Non è, denunciare, o battersi per
Non scelta, decisione, appartenenza
Questo corpo con ossa dolenti
stretto dal corpetto di cuoio, dalle guerre per l’acqua
Come se mi avessero detto rimani
e io fossi andato a vedere oltre tutti
i deserti e le colonne d’Ercole
attendo la resa di voi guerrafondai, rimango in vita
verso che scava, fossa non riempita
Avevamo le mani strette
quando il sole ci ha riportato l’ombra
del Ponte, a Mostar.
il posto delle fragole
Il primo giorno, la finestra rimase chiusa.
I cani abbaiarono, confondendo le attese,
nell’aria l’odore di pioggia, che non venne.
Nel posto delle fragole, vicino al muro,
un secchio capovolto,
la gomma dell’ acqua tra la polvere.
Qualcuno disse di aver visto una bicicletta,
ma il giorno dopo non c’era più.
Alcuni trovarono vecchi volantini,
uno sciopero di otto ore, compagni delle
fabbriche, aderite, 1973.
Ma fu solo con la Luna piena,
arrivata d’anticipo,
che le strade del paese si riempirono di gente.
Silenziosi, degli uomini
arrotolarono prati e trascinarono alberi
spianarono colline e deviarono torrenti.
La mattina, accanto alla bicicletta
una scia di formiche e la punta dei cani
fecero trovare l’uomo
e la valigia.
Dentro, nuove sementi,
il sogno di Liberi tutti.
Nelle lenzuola stese, il risveglio
dei figli della mezzanotte.
La partita è persa,
La partita è persa,
uccisi i cavalli
le orme cancellate
– Avvisate i bambini –
inutili le nascite.
I resistenti si sono dati alla macchia
– sparsi in montagna.
Si occupano di cibo – pittura, poesia? –
Scattano fotografie in cui sia scomparso
il ritratto di qualunque umano.
Le speranze che avevamo ora
sono fogliettini della fortuna
– che distribuiscono vecchi col sorriso
a stento – Sperano di non morire
troppo presto. Perché devono finire l’orto.
Perché devono viaggiare ancora.
La partita è persa.
Il generale Kutuzov respingerà ancora
Napoleone – Ma prima,
Levi eviterà il suicidio.
Si metterà a scrivere per evocare
i poeti ingenui – osservano le grotte d’aria.
E si chiedono perché – osservano i massacri
– ne aspettano altri.
La partita è persa, le tracce disperse.
I segni incomprensibili.
Avvisate le staffette:
portino nuove mappe.
Dei non luoghi? Delle non immagini?
Della Terra vista dalla Luna.
davvero tutte splendide, non so se hai visto il film: Sarajevo mon amour uscito due o tre anni fa